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Gregoria, o di una Anastasia, del pari accade che il più bel nome intitoli spesso la borgata meno simpatica, e, ciò che è più triste se vi arrivate a notte, una borgata senza osteria.

E tale mi aveva l’aria di essere il villaggio di Sulzena quando, giunto all’inevitabile fontana, mi scontrai finalmente in un uomo.


III.


Curvo sul bacino da cui esalava un acre odor di sapone, prova che quella sera le comari avevano fatto il bucato, egli teneva le braccia, nude fino alle spalle, nell’acqua biancastra, e pareva assorto in qualche occupazione di grave momento, giacchè non si accorgeva o non curavasi del largo zampillo che, cadendo dall’alto, gli spruzzava copiosamente la testa.

Stavo per rivolgergli la parola, quando si sollevò, e, traendo dalla fogna un cencio infilzato a un bastoncino, esclamò, con quel timbro di voce proprio dei lavoratori della montagna:

— Una calza! e poi si lagnano della povertà, e poi pretendono trovar l’acqua pulita alla mattina! Come si fa, se lasciano otturarsi il pertugio... persino dalle calze! O che gente!

— Brav’uomo, gli dissi io, sapreste indicarmi l’osteria?

Si volse e la prima cosa che osservò fu — indovinate che cosa? — il mio bastone.

— Oh! che magnifico corno! ma questo era il papà di tutti i camosci!

E senza complimenti, me lo prese dalle mani, a si diè a contemplare l’alpestre ornamento del mio