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permettono di spiare non visti tutti i sentieri che scendono dal monte e salgono dalla valle.
La dimora che ha servito ai carbonai è deserta da molti anni; la natura ha preso possesso di quella rovina. L’ha coperta di muschi d’edera: ha riempito tutte le fenditure coi capelveneri e colle felci, — tuttavia essa può servire di riparo contro un temporale improvviso.
Come mi aveva detto lo speziale, non era un fondo fruttifero; il godimento quasi del tutto nominale di esso era da tempo immemorabile lasciato alla parrocchia, cioè ai poverelli che nel nome di lei ne ricavavano qualche pugno d’erba l’estate e qualche fardellino di legna l’inverno. Ma il sindaco pretendeva rivendicarlo per antico dritto di proprietà non mai abbandonato che precariamente dal comune, — e coonestava l’animosità col progetto di farvi passare una viottola assai incomoda del resto che dalla strada provinciale, che saliva al di là della Strema, mettesse direttamente senza passar in paese alla frazione di Fontanile, le cui case si vedevano in fondo accovacciate in una piega del monte e non giustificavano davvero colla loro importanza quella singolare premura sindacale.
Inoltrandomi fra le macchie, scoprii don Luigi.
Era seduto dietro la casupola sopra un grosso ceppo di castagno coverto di muschio; teneva la fronte bassa appoggiata al dosso della mano e aveva le guancie rigate di lagrime.
Non si accorse di me.
Ebbi rimorso di averlo spiato.
Per salvare almeno le apparenze, mi rivolsi indietro pian piano e, quando mi fui allontanato con-