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— Povero ragazzo, mi si spezza il cuore vederlo così maltrattato, lui tanto buono e sommesso!

Mi provai di consolarla: le dissi che Aminta sarebbe presto liberato di quella schiavitù di cani. — E volevo accennare alla sua età e al coraggio che con essa avrebbe acquistato.

La buona donna mi fraintese, e oltrepassando il significato delle mie parole mi disse con rustica franchezza:

— Liberato, oh sì ci vorrà ben altro! Quell’orso ha il cuoio duro: è tomo da campar cent’anni.

— Oh, soggiunsi ridendo dell’equivoco, oh! se appena gliene capita il destro, colui ci facesse la grazia di accopparsi.... l’occasione sarebbe sempre ottima per tutti di perderlo.... Ma in ogni caso vostro nipote non dovrà mica aspettare quel giorno per scuotere il giogo. — E giusto io avrei certi progetti in cui voglio sentire il parere di Don Luigi.

— No, saltò su a dire la donna, no, la non gliene parli per carità, egli non può senz’accorarsi sentirne a parlare; gli vuol tanto bene che il solo pensiero delle sue sofferenze lo fa piangere. In questi giorni è già sempre tanto tristo che non ha bisogno di nuovi dispiaceri. La non gli dica nulla; ci penseremo poi al povero Aminta; ora, poichè la Madonna ce l’ha mandato, faccia di tener allegro il mio padrone, di distrarlo.

La buona fantesca nella sua idolatria pel padrone sapeva far tacere anche la voce della sua tenerezza quasi materna per Aminta, l’unica creatura della sua famiglia che le restasse al mondo.

Quando intesimo il passo del curato, ella si scosse, si assicurò di aver gli occhi ben asciutti, prese il suo solito fare lesto e volonteroso e per tutta quella