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ho viste dell’altre trasfigurarsi; e giusto non dimenticherò mai uno stranissimo fatto accaduto a Sorese in Brianza dove la mia famiglia possedeva molti anni sono vasti poderi ed io mi recavo con essa a passare i mesi delle vacanze. Una delle bellezze o rarità, come dicono i ciceroni, di quel villaggio era Tonio, un povero cretino di dieciotto anni, sciancato, losco, peloso, due terzi meno che scimmia, un terzo meno che uomo, serio come un gendarme, ingenuo come una pulzellona, orfano, nudrito, o quasi, a spese del Comune, errante a saltelloni su e giù per le strade, sdraiato in gennaio nella neve, accocolato di pien meriggio sotto il sollione di luglio, creatura incapace ed inoffensiva che rispondeva con un sorriso ed un mugolio a chi gli gettava il soldo o il tozzo di pane.

Ora, era avvenuto cotesto, che, trovandosi fornita per bene la cassetta delle elemosine, il dabbene parroco dì quel villaggio, aveva deciso, previo consenso degli onorevoli fabbricieri, di commettere a un pittore di città, una nuova Madonna, ad olio, s’intende, e di grandezza naturale, da collocare al posto di quella vecchia e sdruscita che faceva torto all’altar maggiore, e, a detta di chi se ne intendeva di arti belle «era ormai una Madonna che non valeva più un fico».

Quale solennità non fu quella dello insediamento della nuova Madonna!

Ad ogni svolto di via, archi trionfali costrutti di paglia intrecciata e di mortella, festoni dall’una all’altra grondaia, tappeti, lenzuola, coperte da letto ad ogni finestra; altarini posticci, irti di moccoli smilzi smilzi e di imagini di santi ancora più smilzi; baracche di merciaiuoli, chicche, aranci, castagne,