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pesante? ebbene gettatelo dietro le spalle. Il mondo ha tante strade, sceglietene una, e tirate innanzi senza voltarvi indietro.
Mi guardò stupito: nessun pensiero di ribellione aveva mai attraversato quel suo animo umile e mansueto. Si strinse a me rabbrividendo.
Superbo di farla da Mentore o meglio da Mefistofele, io ripresi:
— Il signor Angelo vi tratta come un cane; mostrategli che siete un uomo col respingere i suoi oltraggiosi beneficii; lasciate la sua casa, buttate il suo pane e fate da voi. — scommetto ch’egli non vi correrà dietro a farvelo accettare per forza.
— Guardate, dissi poi, accennando al libro di Rousseau che faceva sempre capolino dalla sua tasca, voi avete lì un bell’esempio. Non vi fermate alle sue melanconie, ai suoi piagnistei: guardate al sodo della sua vita: tutte le volte che Gian Giacomo ha voluto cercare il successo, il successo gli è venuto incontro: colpa sua se sovente egli l’ha rinnegato per rinchiudersi daccapo nella chiocciola della sua pigrizia.
Eravamo così arrivati a Sulzena. Fin là l’abatino aveva camminato al mio fianco dritto e spedito. Ma all’ultimo svolto del sentiero, quando apparvero le case del villaggio e più eminente da una parte del paese, solitaria, più vasta ma non più appariscente dall’altre, quella del signor De Boni — non potè contenersi. Tolse il suo braccio di sotto al mio e fe’ capire colla sua inquietudine che non voleva essere visto in mia compagnia. Non insistei e lasciai che prendesse un viottolo di traverso che girava dietro alle case.
— Ci rivedremo, caro... come ti chiami? gli domandai.