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mio spavento; gridai, piansi, — la zia cercò di tranquillarmi dicendo che il signor De Boni, se ero saggio, mi avrebbe trattato bene, che mi avrebbe portato amore... ma finiva sempre col piangere desolatamente; non credeva nemmanco lei a quelle sue parole. Un giorno fui condotto dal cavallante nel seminario di Novara. Quando, sopraggiunto l’autunno tornai a Sulzena, entrai per la prima volta in casa del signor Angelo; egli mi trattò sempre come un cane malvisto. Le mie vacanze sono una tal tortura che io anelo sempre al collegio come ad una liberazione. Dopo una pausa conchiuse:

— Ecco tutto quel che conosco della mia storia: nessuno mi ha mai detto qual sia il diritto che vanta sulla mia persona il sindaco — e che egli esercita con tanta malavoglia come fosse il più odioso dei doveri.

— Ma voi, — dissi io, senza riflettere, spinto dalla curiosità, ma voi che ne pensate?

La domanda era indiscreta e me ne accorsi subito e studiavo il modo di ritirarla...... Ma, con mio stupore, il giovinetto non se ne adontò punto; — mi guardò con amichevole timidezza come volesse farmi una confidenza e rispose misteriosamente:

— Ho paura che la mia parentela con colui.....sia assai più stretta di quel che volesse farmi credere la zia. Questo sospetto è il mio tormento, la mia disperazione. Nei suoi frequenti accessi di collera il Sindaco mi da i nomi più oltraggiosi mi chiama... mi chiama... voi capite; — urla che sono la vergogna della sua casa,— ed io domando bestemmiando perchè Dio congiunga coloro che non possono volersi bene.....