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far prima), come il torrente più realista ed indocile alla moralità idrografica ch’io mi conosca. Figuratevi che egli non vuol saperne neppure per un minuto di quella linea retta, di quella misura costante che la convenienza dovrebbe insegnare anche ai torrenti per trasformarli, se Dio vuole, inquieti rigagnoli, in pingui ed onesti canali. Dimentico dei suoi doveri, del grande scopo della creazione che è quello di impinguare le tasche del negoziante di grano e di bestiame, sta asciutto la maggior parte dell’anno; poi, ad un tratto, quando il ghiribizzo gli salta, devasta pascoli e distrugge vigneti, cosa contraria all’economia politica; abbatte baite e casolari, attentato iniquo, come ognun vede, all’ordine a alla sacra prosperità della famiglia.

E il monello fa l’arte per l’arte; scende a balzelloni, rotolando massi dalla vetta di Cornalina, gitta sprazzi al sole per trame delle iridi cangianti. Si butta nei precipizii, si nasconde fra i cespugli, scompare nelle buche del monte, poi salta fuori a sproposito per tagliare il sentiero montanino, — e s’adagia fra l’erbe, e folleggia e spumeggia e si inebbria di libertà e di licenza — con una sicurezza come facesse la cosa più seria del mondo. Così non è buono a nulla, nè a far girare una ruota di mulino nè ad irrigare un pascolo, nulla!... malgrado tutti i tentativi fatti dai buoni padri coscritti di Zugliano e di Sulzena e persino dall’illustrissimo Consiglio provinciale di Novara per correggerlo e trame qualche costrutto. Tanta è la sua impertinenza, che se poteste intenderlo, vi direbbe che Dio l’ha fatto a quel modo e che vuol tirar innanzi in quella bizzarra sua maniera, — tutte cose che dicono gli scapestrati.