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XII.
Le ampolle e gli ampollini, i vasi di porcellana, le tazzette di marmo, i pestelli, le forbici, i cucchiai, i bistorini, le pentoline, le casseruole, le caldaie, i filtri, i setacci, le ventole e tutti gli altri utensili che abbellivano il porticato e la farmacia dell’onorevole mio collaboratore Bazzetta perdevano a poco a poco le scintille del sole che declinava.
— A rivederci stasera, mi disse Bazzetta, stringendomi la mano energicamente, molto energicamente. Sono le sei, vo’ a pranzo da quella bestia di Sindaco, del quale vi dirò poi... ma... zitto.
Ed uscì frettoloso, lasciandomi solo nella sua simpatica botteguccia.
— Eccolo; è lui!
— Parlagli, il papà è uscito.
— Non ho coraggio...
— Vuoi che parli io?
— Sei matta? Tocca a me!
— E se ti tocca, parla.
Queste parole «di color oscuro» erano sussurrate dietro un piccolo uscio che metteva al porticato.
Le interlocutrici — me ne accorsi alle fisonomie intravedute dalle fessure — erano la moglie e la figliuola di Bazzetta.
La conversazione continuò così:
— Mamma, il babbo gli ha detto tutto.
— Grulla!
— E che!
— Fatti avanti.
— Tocca a te che sei la mamma.