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sul fondo, a sinistra dell’armadio principale, scoprivasi un portichetto, un cortile, e più in là, dietro un cancello di legno dipinto in verde, un giardino o un orto che fosse.
— Uh! signor Bazzetta, continuava la vecchia, se provasse. Qui vede... mi fa sempre tac, tac, tac.
— Già, già, già!
— E di notte poi... è come una cosa che mi vien su, su... che mi par di morire...
— Ah vi par di morire?
— Come è vero Maria Vergine. È sempre quel tac, tac, tac...
— Già, già.
— E guarirò, dice, con quella polvere lì?
— Vent’anni di meno ci vorrebbero a spalle, la mia comare, e vi risponderei subito di sì.
— Se non è che per questo! Il mio bisnonno è morto che aveva centosei anni e due mesi, la mamma mia, che Dio l’abbia in gloria, ne aveva novantasei quando è caduta nel pozzo. Senza quel pozzo, vivrebbe ancora che sarebbe un piacere a vederla, — In un museo, osservò Bazzetta, e mentre la comare si contorceva per la tosse, — ecco qua, aggiunse, un cucchiaio ogni tre ore... e abbandonar l’acquavite. Avete inteso. Addio.
E la congedò dandole amichevolmente del palmo sulle spalle; ciò che mi parve facesse un gran piacere a colei, che uscì dedicandomi un inchino grottesco.
— Ed ora a noi! Aspettatemi un momento che vado per un certo affarettino; intanto affilate le orecchie.
Ritornò quasi tosto e m’introdusse sotto il portichetto, dopo aver dato una girata di chiave alla bottega.