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mento di emulazione, un po’ anche dalla necessità di un certo vicendevole appoggio, di una direi quasi complicità che fa sì che l’una sia attratta irresistibilmente verso l’altra. Pure se una volta, per caso, una delle due toilettes offuscasse soverchiamente l’altra, la simpatia si muterebbe tosto in terribile antipatia, e le due signore si appiglierebbero a un pretesto qualunque per non guardarsi più in faccia.
Conte.
Ne sai di belle tu, caro Enrico: confesso che non m’ero addentrato tanto nella natura di queste simpatie.
Salvi.
Tu, caro d’Acqui, hai lasciato da parecchi anni la pratica della società, e te ne vivi quietamente colla tua buona Camilla; io invece ho campo d’osservarle certe cose, e di conoscerle più addentro di te. Epperò mi pare anche di aver capito che la relazione di quella signora Matilde non sia molto fruttuosa per tua moglie.
Conte.
Quella signora è vantata da tutti come un modello irreprensibile di condotta: che ne sai tu?
Salvi.
Io?... io sono l’avvocato di quella signora.
Conte.
Ne sei l’avvocato, ma non si può dire che tu ne difenda molto la causa.
Salvi.
La casa dell’amico non è il tribunale: là posso