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Salvi.
Puh! vi ricordate voi di una bella sera passata in Brianza?.... Andavamo soletti nel parco, vostro marito era assente....
Matilde.
Signore.... basta.
Salvi.
È la storiella che mi rammentavate or ora.
Matilde.
E che dovrebbe rammentarvi anche che in quel tempo prometteste di difendere le mie sostanze e il mio onore.
Salvi.
Eh! un anno fa! Promesse fatte al chiaro di luna, coll’anima spasimante.... ma senza un bricciolo di cervello. Scusatemi io vi dico la verità nuda e cruda: tutti abbiamo i nostri difetti, e questo è il mio. In quel tempo l’idea di una bella martire strappata dalle ughie di un marito era per me l’insuperabile del poetico; difendere poi questa martire, la più sublime delle cause, l’ideale dell’arte dei dibattimenti, e l’avvocato si atteggiò allora da paladino e promise di combattere per la sua dama nei tribunali, come i cavalieri della Tavola Rotonda ai tornei — Ah! ah! mi meraviglio, signora, che voi rivestiate ancora di poesia quelle vecchie promesse — Voi celiate, signora.
Matilde.
E voi mi parlate così, Enrico! non sono dunque più nulla per voi?