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Conte.

Non datevi più la pena di fingere, signora: ormai tutto è alla luce del giorno. Signor avvocato Salvi, la vostra vittima, la più innocente è là, malata in quella stanza. — (Enrico fa per slanciarvisi). — Fermatevi: stava per indicarvi una porta, ma non quella.

Salvi.

Io non partirò, signor conte, per quanti insulti possiate gettarmi in faccia: prima di andarmene voglio vedervi arrossire.

Maria.

Ma, fratello, ti ripeto che devi essere nell’errore: vieni, andiamo da Camilla; ho una lettera, vieni; ella è svenuta, ti dico. (Trascina verso la porta il conte ed esce con lui).

SCENA XI.

Anna, Enrico.

Anna.

Ma che cosa è stato, signor Enrico? non si può sapere nemmeno questo? Il vostro alterco si sentiva per tutto l’appartamento.

Salvi.

Oh! fu un’orribile cosa...

Anna.

(scherzando). Mio Dio! voi mi fate rabbrividire. — Pare che si tratti di un delitto.