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A MILANO CON CARLO PORTA L'attività edilizia della nostra Milano nel secolo XVII, che ebbe un insigne interprete in G. D. Richini, e quella che nel secolo XVIII fu dominata dal Piermarini, avevano fatto sorgere qua e là edifici monumentali, alterate le linee armoniche e severe di quasi tutte le antiche chiese lombarde per ridurle con una stuc- chevole uniformità allo stile allora prediletto, ma non avevan mutato l'aspetto generale della città la quale all'aprirsi del se- colo XIX non si presentava nel suo complesso diversa da quella che era stata nei due secoli precedenti. Densa di fabbricati e intersecata da una miriade di strade strette e tortuose entro l'an- tica cerchia medioevale dei navigli, respirava a pieni polmoni l'aria libera tra questa cerchia e l'ampio anello dei bastioni: sei borghi, in prolungamento delle vie che dalla piazza del Duomo mettevano alle sei antiche porte principali, si protendevano fra l'uno e l'altro giro, ma limitati a due file di case fronteggianti la strada al di là delle quali si stendevano ortaglie e campi seminati. Oltre la cinta spagnuola campagna aperta, cosicché, stando sui bastioni un tempo deserti, ma sulla fine del secolo XVIII piantati d'alberi e ridotti a deliziosa passeggiata, si godeva un panorama superbo. Stendhal amava percorrerli in sediolo e non si stancava d'ammirare la sot- tostante pianura che offriva dovunque l'aspetto d'una foresta densa di fogliame sino a novembre, le magnifiche tinte di rosso e bistro onde coloravasi nei placidi tramonti autunnali, lo spettacolo su- blime delle Alpi che tra porta Nuova e porta Ticinese chiudevan l'orizzonte. Bella era pur la veduta verso l'interno sulla distesa d'or- taglie al di là delle quali si profilava la città e si ergevano cupole