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fra l’augusta regolarità immutabile dei fenomeni celesti e la capricciosa e spesso terribile vicenda delle cose terrestri.
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Ma all’ordine del succedersi i movimenti degli astri uniscono un altro carattere di insuperabile vaghezza e di portata immensa nello sviluppo del pensiero umano, l’ordine di loro coesistenza. Spetta all’astronomia ellenica il vanto di aver notato, ammirato, sentito in tutto il suo fascino misterioso questo lato del sistema del mondo, collegandolo alle speculazioni sublimi delle scuole di Pitagora e di Platone sulle leggi dei numeri, delle figure e dei suoni. Il vero e il bello si fondono nel gruppo di discipline che il Rinascimento ereditò dalla Grecia e sotto il nome di quadrivio contrappose nelle sue scuole alle arti del trivio, che erano (com’è noto) la Grammatica, la Dialettica e la Rettorica. Solo quel popolo che creò la Venere di Milo, il Partenone, le odi di Pindaro e i dialoghi di Platone poteva intuire ed erigere a canone filosofico il nesso arcano fra l’Aritmetica, la Geometria, la Musica e l’Astronomia; e solo un popolo presso il quale il gusto estetico sia degenerato e guasto da un verismo grossolano, da un fiacco sensualismo, da un impressionismo nevrotico e superficiale, può bamboleggiare, con rettorica veramente e più che mai da trivio, di scienze aride, ovvero di musica algebrica. Il medesimo senso altissimo di estetica idealità anima il filosofo ateniese nel detto famoso: “Sempre Iddio geometrizza„, ed il cantore di Lohengrin quando scrive: “La musica ci si rivela per sua