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ganti; ed è sempre l'Astronomia che guida il pensiero ad una più esatta nozione delle cose che stanno intorno all'uomo. I fenomeni celesti si possono prevedere: basta questa semplicissima nozione di fatto per sollevare l’anima umana dallo stadio di abbrutimento e di umiliazione in cui la teneva l’incubo del feticismo, e per darle la coscienza del suo valore. Il Sole ricompare ogni mattina all’orizzonte orientale: sono anni, sono secoli che la sua ricomparsa è notata, senza eccezioni, senza variazioni, senza capricci. È dunque naturale il credere che una volontà superiore a lui lo muova, e che noi non dobbiamo temere che a tale volontà egli possa, o pensi sottrarsi. La mente si avvezza a riconoscere le cause dei fenomeni in particolari manifestazioni di volontà esterne ai fenomeni stessi, volontà che possono essere molteplici, tante quanti sono i fenomeni o le classi di fenomeni, ma che hanno un carattere più astratto e più nobile delle volontà che il feticismo attribuiva agli oggetti. Il culto degli astri è l’anello di congiunzione fra il feticismo e il politeismo; dapprima gli astri si adorano in sè e per sè, poi quali espressioni sensibili di volontà soprannaturali. Il cielo incomincia ad apparire come la sede normale, eterna, incorruttibile degli dèi; se alcuni rimangono in terra, o sotto la terra, sono gli dèi malefici, gli dèi minacciosi, quelli che rappresentano ed informano le forze naturali ancora e per lunga serie di secoli inesplorate dall’uomo, il fuoco, i contagi, il tremuoto, la burrasca. L’antagonismo fatale fra i due principii opposti, fra il bene e il male, fra Ormuzd e Arimane, fra la vergine e il serpente, fra la luce e le tenebre, fra il paradiso e l’inferno, non è altro che la forma simbolica del contrasto che tutti i popoli primitivi hanno creduto di riconoscere