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questo satellite, e ne ha stabilito le dimensioni rispetto all’astro principale.

Così ho risposto, mi pare, alla prima e meno seria delle obbiezioni, che le persone colte muovono all’astronomia. Essa ha fatto molto, ma molto ancor più le rimane da fare; e nessuno può dire che cosa le riserva il futuro. Anche noi, come faceva Lalande un secolo fa, possiamo ripetere le parole di Seneca: “Neppure a chi nascerà fra mille secoli sarà tolta occasione di aggiungerle alcun che„ — “(Nec ulli nato post mille saecula praecludetur ocasio aliquid adhuc adjiciendi)„.



Veniamo al secondo punto. Quale vantaggio materiale immediato arreca all’umanità l’accumularsi di codeste nuove cognizioni?

Rispondo subito, candidamente: Non lo so e non mi curo di saperlo.

Forse che Regiomontano, compilando le sue tavole astronomiche nella prima metà del secolo decimoquinto, pensava che Cristoforo Colombo se ne sarebbe servito per traversare l’Oceano alla ricerca di un nuovo mondo? E chi avrebbe detto a Newton e a Laplace che i loro teoremi, ideati nella sterile curiosità di calcolare le attrazioni mutue dei corpi celesti, avrebbero servito di fondamento alla teoria delle forze newtoniane e quindi all’Elettricità e al Magnetismo? Proprio così: quella mirabile applicazione industriale della scienza, che noi chiamiamo Elettrotecnica, proviene direttamente dalle

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