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bassi della rendita e le loro cause economiche dànno più a pensare degli abbassamenti che periodicamente si osservano nello splendore di alcune stelle del tipo di Algol; la difesa della società contro le malattie trasmissibili è tema certamente più interessante che la difesa delle osservazioni meridiane contro le perturbazioni prodotte dall’azione del calor solare sugli strumenti; sarà preferibile applicare lo spettroscopio alla ricerca degli elementi che compongono l’atmosfera solare o di quelli che sofisticano il vino che beviamo?



Ebbene, no: il volgo e i dotti hanno torto: il disprezzare l’Astronomia è una stoltezza (lo ha detto anche Platone), il posporne lo studio a quello di altre scienze è un errore, il far credere a sè stessi e agli altri che essa abbia esaurito il campo delle ricerche è un miserabile sofisma. In tutti i suoi rami, anche in quelli che sembravano i più perfezionati, i problemi ardui, nuovi, affascinanti si affollano. Nelle mani potenti di Gylden e di Poincaré la Meccanica celeste sta trasformandosi: dimostrata l’impossibilità di risolvere rigorosamente le equazioni dei moti planetari con i metodi della Matematica moderna, essa è obbligata alla ricerca di nuovi metodi che sostituiranno quelli ideati da Lagrange e da Laplace, insufficienti per i secoli venturi. I progressi della tecnica strumentale esigono un sempre più accurato studio delle condizioni che possono variare il risultato delle osservazioni: di tutto si tien conto ormai, dello stato fisiologico dell’astronomo, parte integrante, e spesso non la migliore,