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52 l’amor coniugale

non alcuni anni dopo la morte del poeta (edizione summontiana), L’una e l’altra redazione furono dunque conosciute assai per tempo.

Già il Soldati à fatto il confronto con le due redazioni e à rilevato la contaminazione subita da tre nenie (4a 8a 11a ed. Soldati) certo per opera dell’autore stesso.

Ma c’è di piú. L’Adimari dovette conoscere entrambe le versioni. Egli infatti segue un po’ l’una, un po’ l’altra e rimaneggia due di esse a suo piacere, inserendo, e questo mi pare l’argomento definitivo, nell’edizione Aldina, che egli a torto crede la migliore, i quattro versi che ci son di piú nella nenia quarta della Summontiana e che essa sola contiene. Cosí la nenia settima (Exitus e somno) dell’Aldina, invece di essere di 18 versi (16 nella summontiana) ne à nell’Adimari almeno 22. Un’attenta lettura della versione italiana può (al contrario di ciò che pensa il Soldati, Op. cit. ibid.) far rilevare la confusione che da tale imbroglio deriva.

La nenia undicesima dell’Aldina suona cosí:

“Vien, desiata Lisa, a che dimori?
Vien, perch’indugi? a che ritardi? ah vieni!
Ha sete e piange e ti rampogna, e fuori
cerca il bimbo le t.... e tu le tieni.
Ahi, ch’ambidue fingete ire et amori,
ma siete ambidue pur d’inganni pieni;
torrò le poppe e ’l figlio; e fia mia scusa
che tu fuggi col petto, ei lo ricusa.”
                                                                                          (Adimari)

I quattro ultimi versi non rispondono evidentemente ai quattro primi. Dove sono in questi le ire, i finti amori, gl’inganni di Lisa e di Lucio? Perché quell’intrusione della mamma?

Queste piccole incongruenze sono accuratamente evitate nella redazione definitiva. Qualche versione dell’Adimari non è priva di vivacità e di brio. Quella che ci sembra la migliore è la versione della nenia terza, che, data la rarità dell’opuscolo del Foffano, riportiamo a delizia dei nostri lettori.

“Serbo a te questo sen, ma del mio petto
la destra poppa è tua, la manca è mia.
Piange ora il mio Cosmin? Mutiamo il detto:
sia tua la manca, e mia la destra or sia.
Or su, non pianger, no, taci in buon’ora,
è tua la destra e la sinistra ancora.
Dolce ride il mio bimbo, e ’l sen mi tira.
Ahi! tu mordi, crudele, or le mie poppe!
Or, perch’io dico mie, vie piú s’adira;
taci, son ambi tue, né ti son troppe,
suggile tutte, e poi di latte pieno,
perché non l’abbia alcun, chiudile in seno.”