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108 l’amor coniugale

e fronde e foglie e chiome insieme si mescano all’aure,
girino in vortici al vento qua e là trasvolando, e la stessa
aria, e le fronde e le foglie, le chiome di selve sonanti,
lievi nell’agile volo tra flebili gemiti d’aure140
piangano tristi Ariadna, e l’eco ripeta con gravi
ritmi dall’alte rupi Ariadna, Ariadna, e lo stesso
vecchio rinnovi il pianto ed esca dall’antro solingo.”


Chiuse il suo dir Patulci di pianto le gote bagnato
e le compagne tristi, battendosi il petto con dure145
mani, le rupi sonanti empivan di lungo clamore
misto coi femminili lamenti: ed il vecchio allor diede
un gemito piú forte e i bianchi capelli strappando
questi dal vedovo cuore profondi versava lamenti.


“Àrida la rugiada divenga, per me non il miele150
donino l’api, la moglie non ò che i lor favi mi sprema:
secchino i fiori, pomi non piú mi produca il frutteto,
moglie piú non mi resta che i pomi soavi mi scelga:
secchino gli orti, mi neghi suoi frutti gentili il giardino,
moglie non piú mi resta che i teneri erbaggi mi colga:155
spengasi il fuoco, di fiamme non piú il focolare riluca,
chi sopra il fuoco il farro mi cuoccia non restami ormai.
S’inaridiscan le fonti e l’acque mi neghi ogni fiume,
moglie non piú mi resta che il vino coll’onda mi sposi.
Scenda dal cielo un contagio maligno su pecore e capre,160
né gli agnelli e i capretti mi diano, né il latte soave:
non piú la moglie cara il latte in formaggi costringe.
Scenda dal cielo il male e tolga all’armento le lane,