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94 l’amor coniugale

Che lasci per i serti, che lasci pel sirio profumo?
I giorni senza sole, le notti tu lasci di stelle
prive e di sonno: piange con tutta la voce il fratello
dalla sua cuna e amari vagiti ed amari lamenti.1
Queste le tue carezze, son questi i tuoi giochi che lasci840
al fratellino? Antica ferita insanabile2 al babbo
riapri, in eterno lutto lasciando quel vecchio infelice.
Oh, chi il tuo padre canuto portasse là in mezzo alle Sirti
o sulla scitica rupe legato, Prometeo novello,
stimolando a sbranarlo gli uccelli dall’unghie rapaci!845
Non ti rapí la furia di Marte, non l’aspra del mare
tempesta e non dal cielo cadente rovina di fuoco,
né nella terra il grave tremare che scuote e distrugge,
o le molte sciagure che vanno tra i miseri umani.
No: ti rapiva il fiore d’età di bellezza e pudore,850
la venustà diffusa del nobile sguardo e il decoro
tuo (perché troppe grazie, se unite, distruggon la vita).
L’onestà e la bellezza rivolte in se stesse le mani
si uccisero, alla morte pagando l’estremo tributo.


Quale, o dèi, crudeltà! Il sole percorre sua via,855
dall’orïente sale spargendo di luce il cammino,
fin che all’occidue spiagge non giunga alla certa sua sera:
ma dubbio è della vita il viaggio e la bianca vecchiaia
lungo la via ci assale togliendo il suo languido fiore
all’età prima e spoglia i rami di ricca speranza.3860

  1. Il Soldati nell’opera La poesia astrologica nel quattrocento (Firenze, Sansoni) tenta dare a questo verso un esagerato valore storico, facendone, a torto, la base di una nuova cronologia pontaniana. Poesia e storia non essendo la stessa cosa, noi, per l’esattezza, preferiamo la seconda.
  2. Allude ai dolorosi tempi della sua fanciullezza, per la violenta prematura morte del padre.
  3. Non tengo conto dei versi 861 e segg. recati dal Soldati in nota (Op. cit. I p. 174)