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il caronte 91

la compagna delle mie fatiche! essa non mi lascia esser solo, pur segregandomi dalla vil moltitudine che mi sta sempre intorno.

Eaco. — Guarda bene, Minosse, là verso occidente... Non ti par di vedere quasi una nube che si fa sempre più densa?

Min. — ... E la precede un punto luminoso e scintillante?... Ho capito: riconosco i talari splendenti di Mercurio. Noi lo aspetteremo qui; tu, Caronte, spingi la tua barca all’altra riva.


Scena III.


Gli stessi; poi Mercurio e Piricalco.


Min. — Vedi quanto può l’educazione! Quello che era un semplice barcaiolo è diventato un filosofo... Che sarebbe diventato, se fosse andato a scuola di filosofia fin da ragazzo?

Eaco. — Non è mai tardi per imparare. Che se i fiori della speranza sono propri particolarmente della giovinezza, i frutti maturano quasi interamente nell’età matura.

Min. — Verissimo. Eppure, non so come, l’amor della virtù e della lode è più grande nei giovani; è in loro come una forza istintiva: nei vecchi ogni cosa si fa più fiacca e più lenta.

Eaco. — Nei giovani è maggiore l’impeto, nei vecchi la ragione, che di sua natura è più tranquilla. Di più, ogni ardore nei giovani tende alla gloria; la virtù dei vecchi è disinteressata, e quindi più vicina alla perfezione.

Min. — Così ha voluto la Natura, che, come dai fiori fa nascere i frutti, così dalla temerità e inconsapevolezza dei giovani genera la saggezza dei vecchi. Ricordo che, quand’ero ragazzo, anch’io