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l’asino 61

zuppata dalle piogge; perchè allora, in quel terreno tutt’acqua e in quel suolo che si liquefà, le barbe non fanno presa, e dopo poco piglian di muffa e marciscono. Se tu invece li metti in terra quando il suolo sia secco ma non arido, e che la pioggia sia imminente, allora le radici hanno tempo di unirsi strettamente alla terra, mentre la fossa dov’hai piantato raccoglie con grande avidità la pioggia che cade dopo; e così il terreno condensato dalla pioggia porge alle radici un alimento molto più fecondo.

Un’altra cosa: a quei cavoli tenerini — che poi sono assai pochi, — piantati lungo quel muro, accosta pianamente il sarchiello, e poi raccogli e accumula sul sarchiato il letame ben vicino alle radici; se no, povere pianticelle, le vedrai ingiallire come bimbe private del latte materno, e quasi lagnarsi. E tu soccorrile dell’opera tua; che così farai opera gradita al tuo padrone, e ti preparerai un brodetto squisito e un contorno succoso da mettere intorno alla carne bovina. Questo è quello che devi fare tu.

Quello che devo fare io, è di non dimenticarmi ora del mio asinello; che, se no, avrà ragione di lagnarsi del suo padrone. Ehi, là, ragazzo! Mènami qui il mio Cillaro ben ripulito; e guarda che non scalci, mentre lo conduci per mano ricoperto della sua veste di seta... perchè è pieno di brio, e scherza volentieri. Eh io le conosco le sue carezzine... di questo Cillariuccio, amore del suo padroncino!

Pard. — Temo che quest’asino non ci trasformi in tanti Asinii, della nobile famiglia Romana! Drizziamo dunque le orecchie, e, nascosti dietro la siepe, badiamo che non ci si senta borbottare.