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l’asino 43


Pardo. — Ma si tratta di cosa d’importanza! Férmati... Non mi saluti?... Non mi riconosci?... O dove vai?!...

Car. — Dove l’asino impone.

Pardo. — Va in malora! anche tu fai l’asinaio?

Car. — Io?... É l’asino che mi comanda e mi fa trottare...

Pardo. — Siamo tutti impazziti... Quando s’invecchia, è finita! Ma dimmi, spiègati: dov’è che l’asino ti fa trottare?...

Car. ... — Mi fa trottare è poco: vado a rotta di collo... Giudica tu stesso: vado da un ramaio a comprare diverse sorta di campanelli... che poi devo far cucire da un sellaio a una cinghia ricamata in seta di diversi colori... Per farne che?... per ornarne il collo asinino del mio gentil Signore... E poi devo correre a comprare un pennacchio rosso intessuto d’oro, per attaccarlo alla sua fronte con una fibbia dorata... e poi una ventola o rosta o flabello — il più bello che esista! — per fargli fresco e sventolarlo!...

Pardo. — Ma che mi dici, o Cariteo!

Car. — Che ti dico? Ma tu lo vedrai co’ tuoi occhi!... Vieni a casa, e vedrai per tutto fogliuzze d’argento, laminuzze dorate, fioretti di false gemme intessute sull’oro... tutto pronto per l’asino. Si direbbe che insieme con la sua sapienza ha passato all’asino anche il gusto di acconciarsi e di pavoneggiarsi. Questo si chiama aver tirato a sorte un bel numero, ed esser nato fortunato! E volete sentire di peggio?... Leggete questa lettera che il vostro gran Vecchio — eh potrete godervelo a lungo in città, visto che s’è fatto così bimbo! — m’ha mandato dalla villa in gran fretta per espresso e di corsa... (Legge).