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rire e facilitare l’intelligenza del testo e il pensiero dello scrittore.
Per la stessa ragione ho voluto che la mia traduzione italiana fosse fedele più al senso che alla lettera; fosse opera viva, e tale da potersi leggere e gustare anche da chi il latino non sa o non ricorda bene. E non mi parrà d’aver fatto opera inutile, se avrò contribuito a far conoscere meglio questo nostro grande letterato e politico e poeta — vero uomo universale del Rinascimento — che da quattrocento anni non aveva più veduto ristampata questa sua opera.
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Insieme con l’Asino, diamo qui la traduzione del Caronte — fatta naturalmente con gli stessi criteri — il cui testo però fu ristampato (non senza mende ed errori gravi, che però si trovano generalmente anche nel testo delle prime stampe) nel 1874, dalla tipografia Morano, a Napoli, per cura del Tallarigo, che l’aggiunse all’opera sua, già lodata, su Giovanni Pontano e i suoi tempi.
Per le ragioni già sopra accennate, io non sono d’accordo col Tallarigo che il Caronte sia «come lavoro d’arte, il più bello» dei Dialoghi del Pontano: con tutto ciò credo che sarà letto assai volentieri.
Brevi note a piè di pagina spiegheranno al-