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132 | pontano |
e fu quando, mortami la madre, dovetti comprare un pezzo di terra per farla seppellire in santo; e piansi sulla triste condizione degli uomini e della loro religione. Ma dopo poco avevo bell’e asciugate anche queste lagrime, e, fedele alla mia natura, risi di me stesso che non avevo riso anche allora.
Car. — Sei un bel tipo tu! che nascondi la sapienza sotto il riso...
Ombra. — Parla chiaro; non borbottare: non scherzo più. Domandami pure.
Car. — Sei così originale, che vorrei sapere un po’ della tua vita.
Ombra. — Non mi sarà grave: perchè, riandando il corso della mia vita, non troverei nulla di cui dovessi pentirmi. Ti par poco?
Devi dunque sapere che — in primis et ante omnia — vedendo il governo della cosa pubblica essere sempre in mano di gente malvagia e sediziosa, mi astenni dai pubblici uffici, contentandomi di vivere da privato. Occupandomi solo di coltivare i miei campi, non volli fare mai il mercante; per timore o di diventare usuraio, o di espormi a gravi rischi. Non mi son mai messo ai servigi di nessuno, nè piccolo nè grande. Vivevo fuori della città, dove andavo di raro; e sempre ben deciso a non dar noia nè far danno ad alcuno, ma neppure a prendermela per detto o fatto di altri. Entravo in città ridendo, ne uscivo ridendo: se vedevo qualche amico o conoscente, lo salutavo e si stava allegri insieme; ma se cominciava a parlar di politica, lo piantavo subito.
Al mattino andavo casto in chiesa, ma non volli mai stringere famigliarità con dei preti: finito l’uffizio divino, via subito. Stavo volentieri con delle persone colte, che fossero piuttosto rette nei loro giudizi, che ingegnose; e quando discutevano,