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il caronte | 127 |
Scena X.
Caronte e varie ombre.
Car. — Dentro, dentro! ombre infelici... Perchè piangete già prima d’essere condannate? Come se fosse poco dolersi quando si sente il male!... E tu, Ombra procace ed elegante, chi sei?
Ombra 1.a — Cipria, la meretrice.
Car. — E dove esercitasti il tuo mestiere lucroso?
Ombra. — A Roma.
Car. — Chi è questo tuo compagno?
Ombra. — Il Cardinale che mi amava e mi manteneva.
Car. — Come mai tu così giovanetta potesti amare un vecchio, e lui prete una prostituta?
Ombra. — A lui piacque la mia bellezza, a me il suo oro.
Car. — Dunque la bellezza vale più che la religione? e il denaro più che...
Ombra. — Col suo denaro ha ricomprato più volte la sua vecchiezza e la bruttezza della faccia. Inoltre devi sapere che, quantunque vecchio, era molto libidinoso con le donne... nè io sola gli bastavo. Certo, quando m’han menata da lui la prima volta, credevo d’aver da fare con un giovane; sicchè, quando mi trovai in presenza di un vecchio con la faccia rugosa, cominciai a lamentarmi che il nostro mezzano m’avesse così ingannata. Ma lui da furbo ruffiano mi disse: «Non ti lagnar tanto, animuccia! quando avrai provato il suo nervo, non dirai più che ha la bocca torta!» E fu così: nè prima nè poi ho provato altra corda più tesa.
Car. — Al fuoco, al fuoco eterno, che vi serva da letto! E tu che ti copri con la cocolla, chi sei?