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l’occasione da persone e da cose che toccano da vicino i principali uomini di quel sodalizio filosofico-letterario, che fu poi detto Accademia Pontaniana; in essi il Pontano cerca di riprodurre artisticamente le conversazioni e le discussioni, che eran soliti tenere nelle loro riunioni quegli uomini dotti e geniali: hanno un tipo misto di Cicerone e di Platone.

L’Asino che qui si riproduce per la prima volta nel testo e nella traduzione, appartiene a un terzo tipo, che io direi comico-drammatico; ed è, a mio giudizio, il più originale e compiuto come opera d’arte. È anche il più breve, e quello che presenta maggiore unità d’azione.

Il titolo dell’opera viene spiegato dalla esclamazione che il Pontano mette in bocca a sè stesso verso la fine del Dialogo, quando, irritato finalmente contro l’Asino capriccioso ed ingrato, che risponde con una sfuriata di calci alle sue delicate attenzioni, esclama tutto indolenzito, rialzandosi da terra: «Apage te, bestiam nequissimam! Tarde illud didici senex improvidus!... Hoc hoc, inquam, illud est quam usurpatissimum «asino caput qui lavent, eos operam cum sapone amittere» atque «in asinum abire qui asino delectetur»... Ciò che corrisponde evidentemente ai due