Pagina:Pontano - L'Asino e il Caronte, Carabba, 1918.djvu/126


il caronte 119


Crate. — Come vuoi che ci sia buona fortuna per chi l’ha disprezzata quand’era favorevole? Dovrò piangere ed espiare la mia stoltezza...1

Car. — Non hai dunque più speranza di ritrovare il tuo denaro?

Crate. — Poca speranza! eppure cerco sempre...

Car. — Ripòsati un poco, e vieni con me a veder quei che laggiù piangono...

Crate. — Ho abbastanza da piangere su me stesso! Lasciami, Caronte!... Non vedo laggiù una borsa?... Chi sa!... Ti lascio...

Car. — È un infelice costui; e a star con lui si diventerebbe infelici. Quando si trova qualcuno di questi pazzi infelici che hanno un’idea fissa e non vogliono ascoltar ragione, bisogna abbandonarli a sè e compatirli... Non c’è un alito di vento, e mi bisognerà far forza di remi.


Scena VIII.


Mercurio, Eaco e Minosse.


Min. — Tu ci hai parlato, o Mercurio, di grandi portenti sulla terra: terremoti, comete, sole senza raggi ecc. Ma mi dici che cosa presagiscono?

Merc. — Guerra e peste.

Min. — Guerra da chi?

Merc. — Dai sacerdoti e dai Papi.

Min. — Da quelli dunque dai quali dovrebbe venire la pace?


  1. Secondo Suida, Crate non sarebbe poi stato tanto sciocco! Nascondendo nel mare le sue ricchezze (o meglio, dice Suida, affidandole ad un banchiere tebano) volle prima di tutto essere più libero di attendere alla sapienza. Poi lasciò detto che, se i suoi figli fossero stati veri filosofi, dividessero fra i poveri le loro ricchezze; se idioti e sciocchi, fossero loro consegnate, perchè sciupandole le rimettessero in circolazione.