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106 | pontano |
vengo, fu sconquassata da grandi terremoti,1 sicchè molte città giacciono prostrate al suolo: parte dei torrenti mutarono strada, parte seccarono; in qualche parte si sono sprofondate alte montagne, in qualche altra, come strappate alle radici da una forza immensa, furono trasportate più lontano; e là dov’erano, rimasero grandi spaccature e maggiori paludi.
Min. — Perdona se t’interrompo, o Mercurio, per domandarti (avidi come siamo di sapere!) qualche cosa.
Merc. — Domanda pure liberamente.
Min. — Han cercato gli uomini qualche rimedio... qualche modo speciale di costruire le case, perchè in queste calamità non rovinino tutte al suolo?
Merc. — Non dovunque, e non del tutto sicuro; però tali da porgere una certa salvezza per qualche tempo. Per esempio, legano le pareti con travi assai lunghe e le incatenano: ma quanto farebbero meglio a incatenare le loro passioni e i loro desideri sfrenati! Tutti si occupano di allontanare un pericolo che li minaccia sì e no una volta ogni secolo, ma corrono volonterosi e sorridenti incontro ai pericoli e ai malanni di cui son causa le sfrenate cupidigie di ciascuno. Se dopo parecchi secoli di tranquillità del suolo, in una notte di terremoto circa venti mila persone rimangono schiacciate sotto i loro tetti, tutti ne fremono di orrore e maledicono dio e la natura — che pure li tollera! E son essi poi che con ogni mezzo cercano di suscitare guerre sopra guerre, le quali quasi ogni anno
- ↑ Sappiamo infatti che spaventevoli terremoti sconquassarono l’Italia Meridionale nel gennaio del 1466. Siccome d’altra parte, fra i morti giunti da poco all’Acheronte si ricordano Ludovico patriarca d’Aquileia (ossia Luigi Scarampo, morto nel marzo del 1465) e il Cardinale Samorense (ossia Gio. De Mella, morto il 13 ottobre del 1467), possiamo concludere che questo Dialogo fu composto nel 1467 o poco dopo.