quello, c'habbi esposto il nome di Βότρυος col nome d'uva.
Questo dubbio si può sciogliere in molte maniere; una delle
quali sia, che Plinio non eseguisse l'ufficio d'interprete di
Dioscoride, ma che scrive una natural historia, la quale egli
hà da' più approvati Autori, sì Greci, come Latini cavata, si
come egli scrive nell'epistola à Vespasiano; et perciò non deve
egli alle leggi degl'Interpreti esser obligato, che sia tenuto
tradurre à parola per parola. Che Plinio poi non esponga
Dioscoride, questo ce lo rende manifesto, che mentre annovera
Plinio quelli Autori, sì Greci, come Latini, da' quali ha
cavato la natural sua Historia, non fà in luogo alcuno di
Dioscoride mentione, come à punto se mai non havesse veduto gli
scritti di Dioscoride, la causa di che non tocca hora punto alla
nostra disputa. Ne c'è punto contrario, che amendue gli
Autori scrivano quasi lo stesso dell'Amomo; percioche può essere,
che questi due grand'huomini habbino da uno stesso Autore,
pigliato questa loro hiftoria; L'altra solutione poi della
proposta dubitatione è, che se bene vogliamo conceder, che Plinio
habbi in questo luogo esposto Dioscoride, egli non hà servato
la proprietà di questa Greca voce Βότρυος, havendosi del
nome d'uva servito, con la qual anco insieme con molta
eleganza espresse il frutto dell'Amomo, et pose avanti à gli occhi
de'Lettori; impercioche la voce d'uva molto più
chiaramente il frutto dell'Amomo dà à conoscere di quello, che si facci
il nome di racemo, ch'è nome generico, et anco sotto si
contiene que' generi di racemi, li quali hanno, ò poco, ò nulla
di somiglianza col legittimo Amomo, si come sono i grappoli
rari, et sparsi dell'Hellera, dell'Ebulo, dell'Uliva, ma il
nome d'uva ci dimostra un tal grappolo in se stesso ristretto, si