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terre, e tesoro, udendo, che l esercito de’ Tartari era venuto a Vociam, deliberò di volerlo combattere e scacciare, acciocchè più il Gran Can non ardisse di mandar genti a’ suoi confini. Però, preparò un esercito grandissimo, e gran moltudine d’elefanti -’80 (perchè di continuo ne teneva infiniti ne’ suoi regni) so-’ pra li quali fece fare alcune bai tresche, e castelli di legno, dova stavano uomini a saettare, e combattere, e in alcuni ve n’erano da dodici, e sedici, che comodamente potevano combattere. E oltre di questi, messe insieme gran numero di cavalli armati, e fanti a piedi, e prese il cammino verso Vociam, dove Y esercito del Gran Can s’ era fermato, e quivi s’ accampò con tutto 1 oste, per riposarlo alquanti giorni. Quando Nestardin, eli’ era capitano dell’esercito del Gran Can, uomo prudente, e valoroso, intese la venuta dell’oste del Re eli Mieu e Bangala con tanto numero di genti temette mollo, perchè non aveva seco più di dodicimila pran ca’ena di m^nti detti Pangacirau abitata dalla na?ione dei Brama: il paese di essi aveva ottanta le^he di larghezza, e circa dugento di lunghezza. Il Finto attaccato e difeso cpme il Polo, viaggiò nella prima metà del Secolo XVI. e la testimone delle conquiste di quei feroci montanari, della presa di Martaban, r delle crudeltà t hè vi usarono. Insomma questo popolo originariamente suddito d«.l re del Pegu, divenne signore di questo regno, e di quello d’Ava ai tempi del Pint i (Ilist. Gen. des Voy. t. IX. p. 470). Possederono i Birinanni pacificamente quel regno sino al 1740. Ma ribellatisi i Peguani soggiogarono i Birmanni. M1 un’uomo oscuro di quelle genti detto Alompra mal tollerante di quel servaggio, ravvivate le speranze dei suoi e invitatili a ricuperare indipendenza vinse i Peguani, soggiogò nuovamente la loro contrada, stabilì la sua residenza a Lmmerapura, città fabbricata nelle vicinanze dell’antica Ava, e fondò uno degli imperi i più possenti dell’India meridionale (Sym. t. I. p. 28 e seg.). Questo Stato fa oggidì 17 milioni d’abitanti (ibid. t. II. p. 194)• 480. tirati moltitudine d‘ elefanti. Molti confermano l’uso antioo degli Indochini «li combattere cogli elefanti. Secondo la Bissachtre la sorte d’una battaglia è dipendala sovente «la «ju«gli animali avvezzi a gettarsi con impeto sulle schiere nemuhc che rompevano abbattendo colla pr«>posci<le lile di soldati: i colpi lungi dall’intimorirli gli animano e gli rendono furiosi. l’elefante è invulnerabile all’ arme bianca, e non l’uccide la palla «kl moschetto che percuotend«do in mezzo ulla fronte un poco sotto l’occhio. I più valorosi fra quagli animali avevano privilegj e titoli onorifici. Ma inventate le artiglierie ne fu riconosciuta la inutilità (la Bissach. t. I. p. 3t«>). Attualmente idi elefanti fanno più male ai loro che al nemico, perchè ributtati «lai c«dpi «lidi artiglierie ’i roves« iano sulle proprie schiere. Si usanti oggidì gli elefanti per trasportare i bagagli le armi. I.’ Imperatore del Tunkino ne mantiene tuttavia cinquecento a«l lestrati alla «ueria, clic godono delle antiche loro un<fri6ccnze (ibid. p. 5i5).