la sua camera, sopra la qual’è scritto un nome, che rappresenta
Dio allo, celeste, e sublime: e quivi ogni giorno col turribolo
dell’incenso38+, l’adorano in questo modo, die levate le mani in
alto, sbattono tre volte i denti pregandolo, che li dia buon’intelletto, e sanità, e altro 11011 li domandano. Dopo giuso in terra hanno una statua, che si chiama Natigai385, qual è Dio delle
della credenza di quei popoli, e meno a mio avviso per mancamento degl’indagatori
di tali cose, ma si per la confusione e variabilità dette opinioni degl’idolatri stessi. Il
P. le Comte disserta lungamente intorno a questa materia (Nouv.Rel. t.II. p. 120)
ed opina con molti altri gravi scrittori che la religione patriarcale negli antichi tempi era quella dell’Impero. Quei primi secondo il Duhaldo non rivolgevano il loro culto che all’Ente Supremo, signore, e principe di tutte le cose
che onoravano col titolo di Chang-ti, o di Supremo Imperadore, e anche con
quello di Tien, che secondo i Cinesi significa lo spirito che regna in cielo,
per quanto- oggidì, usino anche tal voce per significare il cielo visibile. Le
opinioni tratte dal celebre libro canonico dei Cinesi detto Cliu - King (Du Hald. 1. c. p. 5) dimostrano che a Tien i Cinesi assegnarono tutti gli attributi di Dio. Ed è cosa degna d’osservazione il rammentarsi che Platone deriva la voce del verbo r» £e<v che tanto somiglia al Tien dei Cinesi (Plat. in
Cratil.). Nemmeno curioso è che i Cinesi appellano Ti-tari il tempia della
terra (Ambas. de Macart. t. III. p. 177) e gli antichi Greci appellarono la terra
TiS-;’ e perciò Titani si appellarono i figli di essa. Tali analogie comprovano una
primitiva- religione, una primitiva favella, e corrompimento dell’una e dell’altra
in tutte le contrade (Voss. de-Idol. Lib. III. c. 2). Da alcuni secoli il render
culto a Tien e riserbato soltanto ail’Imperadore, che considerano i Cinesi come il
sommo Sacerdote (Semed.p. 127). Ed il tempio che è a Tien dedicato è nel recinto
del palazzo; ne parla Magaillans e dice che si appella Pe-teu e crede vaio dedicato
alle stelle polari. Non-evvi nel tempio simulacro veruno, ma come dice il Polo un
solo cartello ove leggesi » Allo Spirito e al dio Pe-teu » (Nouvel. Relat. p. 547)
Si fa menzione di questo tempio come del più magnifico della Cina nella relazione dell’ambasciata di Macarteney. E nella città Cinese, secondo Staunton si
appella Tietvrtatij o l’eminenza del cielo, e in questo edilizio non vi si vede
scolto che il solo carattere Tien (t. III. p. 177). Ciò conferma l’asserzione del
Polo.che il Dio celeste non è rappresentato da simulacri, ma rammentato alla
memoria degli uomini col sylo nome.
584- Turriboltx dell’incenso. Staunton (Ambassad. de Macart. t, IV. p. 5i)
dà il disegno del vaso, nel quale i Cinesi ardono l’incenso. Ei dice che i sacrifizj
di quadrupedi, di polleria, d’olio, di sale, di farina, e d’incenso, di cui si fa
menzione nel levilico, sono noti, e praticati nella Cina (ibid. p. 49)’
383. Natigai. Di quesl’idolo parlò di sopra: (Lib. I. c. 46 n°t. 2). Secondo il Palius il. Dio del cielo i Manchisi lo appellano Abscho, i Mogolli Tmgueru che significa e cielo, e Dio del cielo. Ei ne vide un simulacro rappresentato. a capo nudo con aureola e barba j tenente una spada in mano sguainata colla diritta, e colla sinistra in atto di benedire. Eranvi dipinti due garzoncelli, duli’altro lato una fanciulla ed un vecchio (voy. t. V. p.25o). Il Giornale