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ze. E se in luogo alcuno vi troveranno esser tal danno, il Signore non fa riscuoter da quelle genti il solilo tributo quell’anno, anzi gli fa dare tanta biada de’ suoi grana) 3’3, quanto lor bisogna per mangiare, e per seminare. Conc\osiacosachè ne’ tempi della grand’abbondanza, il Gran Gan fa comprare grandissima quantità di biade della sorte, che loro addoprano, e le fa salvare ne’ grana j 9 «he sono deputati in ciascuna provincia, e con gran diligenza le fa governare, che per tre, e quattro anni non si guastano. E sempre vuole, che li detti granaj siano pieni, per provvedere ne’ tempi di carestia, e quando in detti tempi egli fa vendere le sue biade a denari, riceve di quattro misure da quelli che le comprano, quanto se ne riceve d’una misura dagli altri, che ne vendono. Similmente fa provvedere di bestie, che in qualche provincia, per mortalità fossero perse, e gli fa dare delle sue, ch’ègli ha per decima dall’altre provincie.. E tutto il suo pensiero, e intento principale è di giovar alle genti, che sono sotto di lui, che possi no vivere, lavorare, e moldplicare i loro beni. Ma vogliamo dire un’altra proprietà del •Gran Gan, ciie se per caso fortuito la saetta ferisse 3?3 alcun gregge di pecore, o montoni, o altri animali di qualunque sorte, che fosse d’una, o più persone, e sia il gregge, quanto si voglia grande, il Gran Gan non torrebbe per tre anni la decima. pressèes que leurs ailes paroissent se tenir les unes aux autres; elles sont en si grand numbre qu’ en èlevant les jeux on croit voir sur sa tête des hautes et vertes montagnes: le bruit qu’elles l’ont en volant approche du v bruit que fait un tambour » (Du-Hald. t. III. p. 67). 072. 7anta biada de suoi granaj. In nna carestia accaduta nel 1704 per un’ inondazione nella provincia di Chan-Tong, l’imperadore tassò i cortigiani per sovvenire i bisognosi, e fece esso stesso grandissime elargizioni: ma avendo saputo ch’ erano infedelmente amministrate dai mandarini, ne altidò la distribuzione ai missionari, dicendo loro che essi doveano volgersi al soccorso dei poveri, essendo quello uno dei principali precetti della loro religione (Let.tr> Edif. et Cur. t. XVIII. p.23). il raccorre in magazzini le vettovaglie per conto dell’lmperadore, per provvedere in occasione di carestie ai bisogni del popolo è tuttora in uso. Dice Staunton che in tempi di calamità l’lmperadore è il sostegno dei suoi sudditi. Ch’ esso ordina di aprire i suoi granaj, condona i dazj agli oppressi dagl’infortunj > e gli soccorre per agevolar loto il ristabilimenti» dei loro interessi (Macart. Arnbas. t. III. p. 99). 375. La sacita ferisse. Plano Carpini (Apud Berger, p. 58) racconta altra superstizione di tal natura dei Tarlavi, cioè che non lavano, nè puliscono i loro vestili, nè permettono che ciò si faccia quando piove.