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nota 283

alla interpunzione del Bartoli, in modo da rendere piú agevole la lettura, specialmente di quegli interminabili periodi fatti di membretti giustapposti, co’ quali non si sa mai dove si vada a finire.

Per l’ortografia ho seguito il metodo degli Scrittori d’Italia. P. es., ho soppresso tutti gli «h» non necessari alla pronuncia (anche nei nomi propri: per es. «Samarca» per «Samarcha», «Gaindu» per «Ghaindu», «colonna» per «cholonna»); ho mutato «Gienova» in «Genova», «giettano» in «gettano», «bocie», in «boce»; «Singni» in «Signi», «accqua» in «acqua»; ed ho sciolto «insú» in «in su», «allaltra» in «all’altra», «va» in «v’ha».

Nelle note ho adottato la grafia piú semplice che potessi, non giá perchè non mi paresse utile per gli studiosi conservare particolaritá che hanno spesso il loro valore, ma per non porre anche qui troppe difficoltá ad una lettura spedita. Ho trasformato cosí, p. es., «Nicollò, vollentiera, fatello», in «Nicolò, volentiera, fatelo»; «segnior, regniame» in «segnor, regname»; «messese» in «mesese»; «chosse» in «cose»; «ninonnè» in «ni non è», ecc. ecc., ed ho fatto largo uso di accenti. Ho conservato però, almeno spesso, perchè credo corrisponda alla pronunzia effettiva, la «m» finale in luogo di «n» (es. «bem» per «ben», «domam» per «doman»), e la «n» di «tenpesta», «scanpar», ecc.

Ferrara, aprile 1912.

Dante Olivieri.





    e il Baldelli «togliessi»; p. 231, lin. 8: «se ne pigliono» e non «pigliano»; p. 236, lin. ultima: «e costoro dicono che li loro antichi...», dove il Bart. ha «di costoro dicono...». E ancora, dall’Errata corrige: p. 19, lin. 10 «navicano» e non «navicare»; p. 53, lin. 6 «ma vivono di terra», non «in terra»; p. 170, lin. 2 «e fendonle» e non «e fandonie»; p. 231, lin. 8 «se ne pigliono» e non «pigliano». A p. 152, lin. 20, ho introdotto una correzione ovvia, ma contro la lezione del cod.: «Bancala, ch’è» invece di «Bancaleche».