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nota 277


c) il tipo del ms. padovano cm, 211, scritto da Nicolò Vitturi veneziano (compiuto il 24 luglio 1445)1, e del ms. della bibl. cantonale di Berna, 557, del secolo xv; tutti e due di lezione abbastanza pregevole, e non eccessivamente lacunosi, specialmente nella prima parte;

d) ed e) il tipo dei mss. in dialetto veneto, marciano, vi, 208, e lucchese, 1296, donde derivarono le famigerate edizioni venete; e quello del testo ven. del museo Correr, Donà Dalle Rose, 224, di un ms. Sloane di Londra e di un frammento della bibl. Barberini di Roma.

Come si vede, non fanno difetto i manoscritti per un’edizione italiana del Polo! Ma è proprio il caso di dire che l’abbondanza è a tutto danno della qualitá. È stata una grave iattura per la buona fama del Polo la stessa immensa curiositá che deve aver destato il suo libro appena comparso alla luce; perchè i trascrittori, incalzati dalle richieste impazienti, tiravano via alla peggio anche lá dove la materia esigeva vigili cure e particolari cautele; e cosi non si potè evitare che le copie del libro, man mano che si moltiplicavano, divenissero sempre piú difettose e deturpate.

Se una singolare fortuna ci mettesse mai fra le mani il testo, se pure ne esistette uno, della primitiva versione italiana (veneta forse?), dalla quale tutte le posteriori redazioni provennero; oppure quello, che certo vi fu, dal quale derivò, con gli altri mss. del suo gruppo, l'«ottimo»; o anche quello che originò quella serie che si rannoda alla versione di Pipino: se questa fortuna mai ci toccasse, non v’ha dubbio che non ricorreremmo piú, per leggere e studiare in italiano i Viaggi del Polo, a nessuno di questi malfidi manoscritti, che dobbiamo cosí spesso correggere col sussidio del testo originale francese. Ma, poichè il sospirato testo non si è rinvenuto e non si rintraccerá forse piú mai, e poichè coi troppo

  1. Di una famiglia, ecc., p. 1640 n.