Pagina:Polo - Il milione, Laterza, 1912.djvu/203


il milione 189


CXXXVIII (CLIX-CLX-CLXl)

Dell’isola di Zipagu (Cipangu).

Zipagu èe una isola in levante, ch’è nell’alto mare mille cinquecento miglia. L’isola è molto grande, le genti sono bianche, di bella maniera e belle; e la gente è idola, e non ricevono signoria da neuno, se no da loro medesimi. Qui si truova l’oro, però n’hanno assai;1 niuno uomo non vi va, e niuno mercatante non leva di questo oro: perciò n’hanno egliono cotanto. Il palagio del signore dell’isola èe molto grande, ed è coperto d’oro,2 come si cuoprono di qua le chiese di piombo. E tutto lo spazzo delle camere è coperto d’oro, ed èvvi alto bene due dita; e tutte le finestre e mura e ogni cosa e anche le sale sono coperte d’oro; e non si potrebbe dire la sua valuta. Egli hanno perle assai, e sono rosse e tonde e grosse, e sono piú care che le bianche: ancora v’ha molte pietre preziose, e non si potrebbe contare la ricchezza di questa isola. E il Gran Cane che oggi regna, per questa gran ricchezza ch’è in questa isola, la volle fare pigliare, e mando vvi due baroni con molte navi e gente assai a piede e a cavallo. L’uno di questi baroni avea nome Abata (Abacan) e l’altro Sanici (Vonsaincin), ed erano molti savi e valentri. E missorsi in mare e furono in su questa isola, e pigliarono del piano e delle case assai; ma non aveano preso nè castella nè3 cittá. Or gli venne una mala isciagura, com’io vi dirò. Sappiate che tra questi due baroni avea grande invidia, e l’uno non faceva per l’altro nulla. Ora avvenne un giorno che ’l vento della tramontana4venne si forte, ch’egli dissoro che, s’egli non si partissono, tutte le loro navi si romperebbono: montarono sulle navi e missorsi nel mare, e andarono di lungi

  1. Berl. Pad. perchè agli marcadanti de tara ferma questa isola non vale, per esser questa (lontana) d’ogni (paese); e però i áno tanto oro che l’è una cossa meraveiosa. E niuno non pò portar de quel oro fuora de quella isola; e perziò gh’è puochi mercadanti e puoche nave de tera ferma.
  2. Berl. al muodo che nui coverzimo le nostre case over le giexie con el pionbo; e vai tanto che apena el [non] se pol dir.
  3. Berl. alguna zitade, e questo per uno infortuno che i ocorse. Or sapiè che...
  4. Berl. comenzò si forte a sopiar, che quelli de lo eserzito...