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112 | il milione |
LXXXI (XCVI)
Della moneta del Gran Cane.
Egli è vero che in questa cittá di Camblau (Cambaluc) èe1 la tavola del gran sire: èe ordinata in tal maniera, che l’uomo puote ben dire che il gran sire hae l’archimia perfettamente, e mostrerollovi incontanente. Or sappiate ch’egli fa fare una cotale moneta, com’io vi dirò. E’ fa prendere iscorza d’uno albore e’ ha nome «gelso»; e è l’albore le cui foglie mangiano gli vermini che fanno la seta. E colgono la buccia sottile, ch’è tra la buccia grossa e l’albore, [o vogli tu legno dentro], e di quella buccia fa fare carte,2 come di bambagia, e sono tutte nere. Quando queste carte sono fatte cosí, egli ne fa delle piccole, che vagliono3 una medaglia di tornesello piccolo, e l’altra vale un tornesello, e l’altra vale un grosso d’argento da Vinegia, e l’altra un mezzo, e l’altra due grossi, e l’altra cinque, e l’altra dieci, e l’altra un bisante d’oro, e l’altra due, e l’altra tre; e cosí va infino in dieci bisanti. E tutte queste carte sono sugiellate col sugiello del gran sire, e hanne fatte fare tante, che4 tutto il suo tesoro ne pagherebbe. E quando queste carte son fatte, egli ne fa fare tutti gli pagamenti, e fagli ispandere per tutte le provincie e regni e terre dov’egli hae signoria; e nessuno gli osa rifiutare, a pena della vita. E sí vi dico che tutte le genti e regni che sono sotto sua signoria si pagano di questa moneta, d’ogni mercatanzia di perle, d’oro e d’ariento e di pietre preziose, e generalmente d’ogni altra cosa. E sí vi dico che la carta, che si mette per dieci bisanti, non ne pesa uno; e si vi dico che gli mercatanti le piú volte cambiano