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Pammetron; Timone da Fliunte e Xenofane, fisico, scrittori di idillî (poesie licenziose e mordaci); Menippo di Gradara, filosofo cinico, scrisse satire serie o buffe, miste di versi e di prosa, interamente perdute.

Infine si accenna ai ditirambi tragici nel dramma satirico, e, secondo opina il Del Lungo, all’antologia greca.

Pag. 216, v. 1131.

Il Boccaccio e il suo Decamerone.

Pag. 216, v. 1133.

Guido Cavalcanti e sua canzone sulla natura d’amore.

Pag. 216, v. 1138.

* Ingegnosa e lusinghiera dedicazione della Selva de’ poeti (come la chiama il Salvini) a Lorenzo de’ Medici, poeta; che il conte Pico della Mirandola, con retorica cortigiana, preponeva a Dante e al Petrarca. Dietro alla lunga e aurea turba degli spiriti magni, resa a vita da quel rinascimento, di cui le Nutricia posson dirsi l’apoteosi, grandeggia, quasi attraendone sopra di sé la luce immortale, la famiglia de’ mecenati fiorentini. Le memorie del vecchio Cosimo e di Piero si raccolgono su Lorenzo “il primo cittadino toscano„, la maraviglia della Signoria e del popolo, il pacificatore d’Italia: era l’anno 1486, nel quale la pace da lui procurata tra la Chiesa e Napoli, come pochi anni innanzi tra Napoli e Firenze, salvò forse la penisola da quella terribile invasione francese, che, lui morto, guastò per secoli l’indipendenza nazionale.

Intanto il Poeta cliente canta la Musa, le fatiche poetiche, gli ozi del suo Mecenate. Dipingendo, con gentilezza non minore della verità, la musa di Lorenzo, pone fondamento e ispirazione del suo leggiadro e original poetare, le bellezze solitarie della natura e l’amore.


Il Poliziano segue facendo una lunga recensione dei versi di Lorenzo de’ Medici, alludendo al Capitolo di Pane (vv. 1166-69), e all’altro Corinto e Galatea; ai Sonetti e alle