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252 | le selve |
anche che, avendo in un suo canto vilipeso Elena, fosse da questa reso cieco, e non riacquistasse la vista se non dopo di aver riparato all’offesa fatta con una palinodía. Morí a 85 anni.
Pag. 205, v. 945.
Simonide di Ceo, il melico, fu uno dei piú fecondi e geniali poeti greci. Il Poliziano allude a una peripezia disastrosa d’un banchetto in Tessaglia e alla sua venalità e avarizia. Si vuole che fosse stato il primo a prostituire il suo verso, e soleva dire di possedere due cassette: una, delle grazie, vuota; un’altra, piena.
Pag. 206, v. 955.
Alcmano, grande poeta lirico, greco di Sardi, che si trasferí poi a Sparta. A lui nulla scemò di leggiadria la lingua laconica, ch’è pure agli orecchi tanto poco soave. Morí di morbo pediculare.
Pag. 206, v. 960.
Ibico, di Reggio di Calabria. Una leggenda lo fa morire assassinato nei dintorni di Corinto, e si dice che un volo di gru lo vendicasse, apparendo ai Corinti, che assistevano a una rappresentazione in un anfiteatro. Suada o Suadèla, compagna ordinaria di Venere, è la Dea della soave persuasione.
Pag. 207, v. 964 sgg.
Bacchilide, dell’isola di Ceo. Con Saffo di Mitilene si chiude il ciclo dei poeti alessandrini. Il Poliziano accenna agli amori illeciti di lei con altre fanciulle. Amò perdutamente Faone, barcaiolo, ringiovanito da Venere, la quale ei tragittò sotto le sembianze di vecchia, senza volerne mercede; o, secondo altri, per aver mangiato un’erba miracolosa. Vuolsi dalla leggenda che morisse pel suo tragico salto di Leucade, perché non corrisposta nel suo amore. Inferiori assai di merito alla poetessa di Lesbo sono: Mirtide, beota; Prassilla di Sicione; Anite; Nosside; Erinna, autrice di un poemetto: il fuso; Telessilla, poetessa e guer-