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di angelo poliziano 251

poeta ripetendone nei monti i versi immortali. Morí a 80 anni circa. A illustrazione dei versi del Poliziano, riferisco anche i particolari mitici della sua morte secondo due tradizioni; l’una, desunta da Valerio Massimo, per cui vuolsi che il Poeta morisse abbandonato a un dolce sonno tra le braccia del giovinetto che amava, Teosseno; l’altra, tratta da Pausania, il quale dice essere in sogno apparsa a Pindaro la Dea Proserpina, e lamentandosi di non aver mai avuto da lui un inno, averle egli soggiunto che glielo avrebbe fatto, appena pervenuto laggiú ne’ suoi regni. Non passano dieci giorni che Pindaro muore; e, poco dopo, comparisce in sogno a una vecchia sua parente e cantatrice di suoi inni, e le canta l’inno di Proserpina. La vecchia si sveglia, balza di letto e lo scrive.

Sulla casa di Pindaro in Tebe era scritto: “Non bruciate la casa di Pindaro, poeta„; e i discendenti di lui rimasero illesi dalle armi degli Spartani e di Alessandro Magno.

Pag. 204, v. 918.

Dice un verso di Anacreonte: Che mi fo dell’oro? la mia passione è bere, bere buon vino in brigata, e sui molli letti'' ecc. E non era questa l’unica sua passione....; ma lasciamo stare. La sua poesia è uno specchio fedelissimo della corruzione ionica. Morí, secondo una graziosa e arguta leggenda, per un acino d’uva andatogli traverso.

Pag. 204, v. 927.

Alceo di Mitilene, fiero poeta de’ rivolgimenti politici, fu tra i capi della sua fazione che rovesciarono il tiranno Melacro. La leggenda lo dice amante di Saffo e di un fanciullo, Pericle. Delle sue odi ci restano un centinaio di frammenti.

Pag. 205, v. 936.

Stesicoro è un appellativo dato a Tisia d’Imera, il quale fu poeta di grande versatilità e rinomanza. La leggenda vuole che un usignuolo gli volasse sulle labbra appena nato, che egli dissuadesse gl’Imeresi dall’affidare la difesa della città a Falaride tiranno d’Agrigento. Si dice