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Pag. 136 v. 737.

Omero, nell’Odissea:

Cosí detto, Minerva ai poggi ameni
Risalí dell’Olimpo, ove han tranquilla
Sede i Celesti; ché furor di venti
Mai non lo scuote, né la pioggia il bagna
O ingombrano le nevi. Ivi sereno
È l’aer sempre, né mai nube il turba,
E una candida luce lo rischiara
Che i santi numi eternamente allegra.
(Vers. del Màspero).

Pag. 136, v. 739 sgg.

Dopo avere il Poliziano rilevata la straordinaria ricchezza della poesia omerica, e dettala fonte d’ogni arte e scienza, segue celebrando la doviziosa varietà del suo stile. Accenna alla retorica, alla filosofia mitica e naturale del Poeta (principi universali delle cose, lotta e pacificazione degli elementi, rivoluzione degli astri e loro influenza, eclissi, terremoti, venti, folgori, pioggia, lampi, tuono; Dio, sua essenza, potenza, provvidenza; immortalità dell’anima, metempsicosi); alla filosofia morale (ragione, passioni, affetti, virtú, vizi, umane vicende); alla scienza politica e militare; alla musica e aritmetica; alla divinazione e alla medicina; alla poesia tragica, comica, amorosa, epigrammatica; alle arti del disegno ispirazioni in Omero: chiude le lodi del divino poeta col racconto degli onori resi alla sua memoria, notando come fosse oggetto di culto speciale presso gl’Indiani, che cantavano i suoi poemi tradotti nella loro lingua, e Alessandro Magno, il quale, è noto, ne custodiva le opere in preziosi cofani, consultandolo nelle sue spedizioni, e tenendolo sotto il capezzale.

Pag. 136, v. 752.

Celebre per la bellezza e dolcezza del clima e per la feracità del suolo, che la favola le attribuisce, per essere stata irrigata da una pioggia d’oro.