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di angelo poliziano | 197 |
Neron le lodi celebra, ed Orfeo,785
E a Polla sua, consorte virtuosa,
Tesse l’elogio, e con arguto carme
Insolentisce, e impetuoso tende
Nelle faconde orazïoni sue
Di Dulichio uguagliar l’eccelse vette,790
E tanti sprigionar fulmini, quanti
Scoccò il lepor di Pericle dal labro.
Ed ecco, tosto che la giovinezza
De’ primi fiori le sue gote adorna,
L’aspre battaglie con bollente carme795
Celebra di Farsaglia, e lui, che dietro
Gli tien, secondo, a rimirar si volge
Tosto Virgilio, dubitoso quasi
Del conquistato allòr. Ma ostile ai troppi
Beni Rannusia, ahimé! cotanta gloria800
Alla terra involò, perché dal Prence
Incestuoso i popoli infelici
Non liberasse ei coll’ultrice punta.
Hectora; tartareasque domos; dirumque Neronem;
Orpheaque; et meritae peragit praeconia Pollae;
Lascivitque jocis; ac torrens voce soluta
Dulichias aequare nives et fulmina tendit,505
Quanta periclaeo lepor intorquebat ab ore.
Mox tonant ardenti pharsalica praelia cantu
Aegyptique nefas, primo vix flore genarum
Conspicuus: torvo quem protinus ore secundum
Respexit, captae vix ausus fidere palmae,510
Vergilius. Sed iniqua bonis Rhamnusia tantis
Heu decus hoc orbi invidit, ne vindice ferro
Assereret miscras incesto a principe terras.