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di angelo poliziano | 187 |
A questo, inver, che nelle patrie valli
Un dí il gregge pasceva, insieme tutte
Benigne si mostrarono le Muse,
E il lauro gli donarono ed il verso,610
Onde l’origin degli Dei cantasse,
E le dottrine di Chirone, e l’opre
E i giorni, e del fiero Ercole lo scudo,
E, del ciel stirpe, l’eroine antiche.
Pertanto nelle calcidesi gare615
Un orecchiuto tripode una volta
Ei guadagnossi; e (se del ver notizia
A noi posteri giunse) anche il divino
Omero a superare ebbe nel canto.
Dolosamente ucciso indi, e ne’ flutti620
Sommerso, al lido una dolente il trasse
Compagnia di delfini; e i cani, a torme,
Rivelatori del misfatto atroce,
Accorser tosto, e giacquero sepolte
Scilicet huic, patriis pecudes in vallibus olim
Servanti, cunctae sese indulsere videndas
Aonides, laurumque viro vocemque dedêre,
Qua superûm caneret stirpem, praeceptaque morum,385
Descriptosque dies operum, clypeumque tremendi
Herculis, et veteres divum genus heroinas.
Ergo et chalcidico vatum certamine quondam
Rettulit auritum tripoda, et (si vera minores
Audimus) cantu magnum quoque vicit Homerum.390
Moxque dolo extinctum mersumque al ad littora, tristis
Delphinûm vexere chorus; nec defuit index
Turba canum, medioque darent qui corpora sontum