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138 | le selve |
Quanta ricchezza d’armonia, di quanti
Fiori l’eloquio lussureggia, come
Di luminose immagini risplende?
O che si piaccia da leggera trama775
Il canto derivare, o che si tenga
Entro giusti confini, o piú gagliardo
Con tutto quanto il suo vigore assurga;
Sia che vada lambendo umile i sassi,
Con pover’onda, o che per breve istante780
Precipitoso irrompa, o che piú ricco
D’acque dilaghi vorticoso in piena,
O che gli umidi margini, con dolce
Umor, d’erbette industremente adorni.
Né v’ha lingua possente che rimembri785
Piú maestoso suon. Clie se tu a carte
Immortali affidar brami d’eroi
Le glorïose imprese, ovver, dettando
Norme, piegare ed educar le menti,
Quantus honor vocum, quam multis dives abundat
Floribus, et claris augescit lingua figuris?
Sive libet tenui versum deducere filo,
Seu medium confine tenet, seu robore toto490
Fortior assurgit; seu vena paupere fertur
Aridius, celeri seu se brevis incitat alveo,
Gurgite seu pleno densisque opulentior undat
Vorticibus, sive humentes laeto ubere ripas
Daedala germinibus variat: majore nec unquam495
Sermo potens meminit se majestate loquentem.
Quod si facta virûm victuris condere chartis,
Flectere si mavis orando et fingere mentes,