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di angelo poliziano 125

Che di te, sommo reggitor de’ Numi,
Di te che libri sulle tue bilance
L’inegual fato di due genti, e in core540
Lo spavento agli Achei miseri induci,
Con la tremenda folgore ed il tuono?
E che di te, figliuolo armipossente
Di Priamo, che i valli e le trincee
Minacci? Ed ecco novamente Achille545
Acceso d’ira, da preghiere e offerte
Ahimè! non mosso; e Dolon còltov10
D’agguato; e il prode Reso, che nel sonno
Giace tradito, e, nella cheta notte,
Gl’involati cavalli, che la neve550
In candore vincevano e nel corso
Eguagliavano i venti; i condottieri
Degli Achivi medesimi d’un subito
Con lance e giavellotti ributtati;
E Aiace forte nel suo scudo e pronto555




Stare diu? quid te populorum fata duorum
Lancibus aequantem imparibus, rex magne deorum,
Aut miseros tonitru Danaos et lampade saeva
Terrentem? quid te vallo castrisque minantem,340
Priamide armipotens? His rursum adjungitur ardens
Heu precibus nihil et donis inflexus Achilles;
Exceptusque Dolon; et somno proditus heros
Othrysius, tacitaque aversi nocte jugales
Qui superent candore nives qui cursibus aequent345
Flamina; mox ipsi ferro telisque repulsi
Ductores Danaûm; clypeoque interritus Ajax,