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di angelo poliziano | 123 |
E gli augelletti con la madre insieme500
Divorati dal drago, e il drago in sasso
Indi converso; in quali accenti rompa
Il vegliardo di Pilo, le alleanze
In deplorare, e la concessa fede,
Ed i patti in narrar, le sprigionate505
Saette giú dal ciel, nell’ostentare
La città, degno al vincitor compenso;
Quale de’ Greci sia l’aspetto, allora
Che s’apparecchian alla pugna, e quanto
E per sembiante, per valor, per armi510
Il duce lor primeggi. Le Pierie,
Suoi numi, invoca allor di nuovo il Vate,
E le schiere d’Ettòr, d’Agamennóne
Annoverando, gli amatori affida
Tosto alla prova del duello; e il vinto515
In una densa nuvola rapisce
Venere seco, e d’un inopinato
Dardo percuote il vincitore Atride.
Cum matre absumptas versumque in saxa draconem;315
Quo pylius fremat ore senex, ut pacta fidemque
Deploret dextrasque datas, ut fulmina narret
Missa polo, ac pretium ostendet victoribus urbem;
Quae facies Danaûm, cum sese in munia Martis
Accingunt, quantum dux ore et pectore et armis320
Emineat. Tum Pieridas, sua numina, rursum
Consulit; hectoreasque agamemnoniasque phalanges
Enumerans, ipsos icto mox foedere amantes
Committit, victumque rapit phryga nubibus atris,
Victorem Atriden nec opino vulnerat arcu.325