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116 | le selve |
Dar fiato alla ritorta cornamusa
Con le dita scorrendovi. Rintrona375
Pur nullamen potente la sampogna,
La curva tibia gravi note echeggia:
Spesso, ammirando lui da vicin’ombra,
Cheto tendea le argute orecchie Fauno,
E di Satiri un coro in un baleno380
L’adolescente cinsero ascoltando;
Ed insieme co’ Satiri le fiere,
Senz’ombra alcuna di ferocia, e insieme
Con le fiere le selve, che le cime
Muovon eccelse ed alle sacre leggi385
Assentono de’ suoni. E l’Ermo stesso
Ed il Pattolo a gara oro fluiro,
Ed il Meandro a’ cigni suoi dal canto
Impose di cessar dal doppio margo;
Il Meandro che ha spessi avvolgimenti,390
Il Meandro che via con vergognosa
Ore inflare pio ac digitis percurrere loton.
Grande tamen calami reboant, grande tinca remugit
Tibia: saepe illum vicina Faunus in umbra
Demirans, aureis tacitus tendebat acutas,240
Et subito puerum Satyri cinxere theatro;
Cum Satyrisque ferae, sed quae nil triste minentur;
Cumque feris sylvae, sed quae alta cacumina motent,
Multifidaeque sacris adnutent legibus aurae.
Ipsi quin etiam riguo Pactolus et Hermus245
Certatim affluxere auro; jussosque tacere
Ripa ab utraque suos Maeander misit olores,
Maeander sibimet refluis saepe obvius undis,