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di angelo poliziano 115

La genitrice Naiade rapía
Sotto le vagabonde intra le arene
Acque del fiume per mostrarlo al padre,
E sovra l’erbe, novamente poscia
Rïadagiaval, cinto il breve crine360
Di fiori o di stillante petrosillo.
E, se la fama non mentisce, voi,
Voi pur dell’Ore còlti alle sorgenti
Serti inviaste, eteoclèe sorelle;
E vuolsi che al fanciul Pallade bionda365
Da la mammella sua vergine, quale
Un giorno ad Erettèo, spremesse il latte.
E poi che al suol con sicurezza ei l’orme
Imprimere poté, poi che le voci
Articolar con la spedita lingua,370
Si compiacea d’unire insiem le canne
Dilette a Bromio con la cera iblèa.
Ed ancora con pio labro godea




Nais arenivagum rapiebat saepe sub amnem
Ostensura patri, et rursum exponebat in ulva
Flore breves cinctum aut apio rorante capillos.
Vosque, eteocleae (ni mendax fama) sorores,
Misistis lectas Horarum a fonte corollas;230
Flavaque virgineam puero immulsisse papillam
Dicitur, actaeo ceu quondam, Pallas, Erechtheo.
Ipse, ut jam certo vestigia ponere nisu
Utque datum varia voces effingere lingua,
Gaudebat calamos hyblaeis jungere ceris,235
Dilectos Bromio calamos, gaudebat et uncam