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88 | le selve |
Formica l’ova trae fuor della buca,
Raspa la cagna blandamente il suolo;
Il tardigrado granchio con le morse800
I sassolini abbranca e si zavorra,
Ed alla ripa indi s’attacca; stride
Con malaugurio il topo cattivello
E pesta l’erbe tenere; s’arrampica
La scolopendra dalle cento gambe805
Su per i muri; l’asinella pigra
Scuote le orecchie; pendono dal lume
I putreolenti funghi; ed assetata
Di sangue, torna all’assalto la mosca,
Con la sua tromba punzecchiando il volto.810
Né l’api industri scostansi dall’arnie;
E la brace e la cenere addensate,
Restan sotto la pentola aderenti,
E i carboni tralucono. Non meno
È d’Euro indizio la natante piuma,815
Progerit ova cavis patiens formica laborum;
Blanda canis terram pedibus scabit; ore lapillos520
Tardigradus prendit cancer, seseque saburrat,
Atque haeret ripae; densum occinit improbulus mus,
Straminaque exculcat; quin centipedes scolopendrae
Parietibus reptant; aures pigra motat asella;
Dependent bullae lychno; sitiensque cruoris525
Musca redit, summosque proboscide mordicat artus;
Nec longe a tectis apis ingeniosa recedit;
Prunaque concretusque ima cinis haeret in olla,
Carboque pellucet. Neque non praenunciat Euros
Pluma natans, foliumve errans, pappique volantes,530