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della ragion di stato - ii 85


Capitolo XXII

Della prudenza politica regia contro la plebe,
acciò non procuri mutando il governo regio introdurre il popolare.

Benché quel re o prencipe, che nel suo governo camina per quella strada o con quei modi, che sin qui si sono proposti, appaia non dover dubitare o di sollevazione dei popoli o d’insidie de’ nobili e piú potenti, procurando con quelli e di ben governarsi e di dar compimento a tutti: perché però bene spesso avviene, che il popolo o sazio del presente modo di republica, o per la naturale sua mobilitá, o perché in alcune provincie è di cosí mala inclinazione che spesso prorompe in male azioni; essendo con ragione ancora castigato, pigliando a odio e il prencipe dominante e il suo modo di governare, ambisce e procura la mutazione, eleggendosi, o del suo corpo o de’ nobili, alcuno; e anco o per povertá, o per essere o castigato o abbassato o depresso o per le male azioni malcontento: mi è parso ancora in questo luogo proporre alcuni ricordi e rimedi, con li quali il prencipe possa a questo male, che gli soprastasse, opporsi.

Prima procurare l’abondanza delle vittovaglie e delle cose necessarie, acciò non abbi occasione di procurare cose nuove: che non si è vista cosa in qualsivoglia sorte di governo che piú mova a sollevazione, che tal mancamento.

Mostri non aver cosa piú a cuore, che il ben publico, ma in particolare il procurare l’utilitá de’ poveri e la loro protezione.

Concederá alla plebe e popolari con prontezza certi uffici, che siano pure in apparenza qualche cosa, con qualche titolo di dignitá o superioritá vicendevole; acciò contenti possano amare il prencipe, non essendo cosa che piú sdegni la plebe, che vedersi o sprezzare o tralasciare come o indegna o inutile. Benissimo disse a questo proposito Livio nel libro quarto: Et principes plebis ea comitia malebant, quibus non haberetur ratio sui, quam quibus ut indigni preterirentur.